giovedì 7 febbraio 2013

I figli dei guardiani di elefanti

Dunque dunque…
Il libro di cui sto per parlarvi l’ho comprato così, un po’ a casaccio.
Non era stato preventivato, previsto dal budget, insomma non era nella mia wishlist, ma un po’ perché stavo in fissa con gli autori nordici (la storia è ambientata a Finø, piccola isola di fantasia dell’arcipelago danese, posta nel mezzo del Mare delle Possibilità),  un po’ perché sfogliando sfogliando ho trovato dentro pezzi che mi  erano così familiari...
  
“Una cosa che ho imparato da mia sorella maggiore Tilte è pensare che tutti hanno ragione e allo stesso tempo di avere l’assoluta convinzione di essere, in un assortimento di persone molto ampio, l’unica a sapere di cosa sta parlando”

…esattamente quello che mia sorella pensa di me...

“Bisogna essere cauti col farsi toccare dagli altri. Per esempio per mia madre la faccenda è completamente finita, oramai ho quattordici anni, fra un anno e mezzo farò un esperienza in collegio, fra due anni e mezzo andrò via di casa.
Inoltre mamma va in confusione quando mi vuole toccare, una confusione derivante dall’impossibilità di capire che ero il suo neonato in un passato che lei spesso chiama un attimo fa, ma che adesso  ho quattordici anni e sono stato abbandonato da una ragazza e sono il capocannoniere della prima squadra e sospettato di aver provato a fumare hashish, anche se non ci sono prove”

…esattamente quello che mia madre prova con me...

alla fine ho messo mano al salvadanaio è l’ho preso.
Veramente un bel bottino.
Ci ho azzeccato in pieno, uahuahuah risata malefica, e perciò ora ve lo racconto.

Scritto da PETER HØEG (l’autore di “Il senso di Smilla per la neve”) e pubblicato da Mondatori, I FIGLI DEI GUARDIANI DI ELEFANTI è veramente un bel libro.
Destinato prevalentemente ad  pubblico adulto (non è stato oggetto di un' arguta e spietata strategia di marekting che lo ha inchiodato a morte all'etichettia  Y) ci racconta l’adolescenza in un modo così spavaldo e delicato al tempo stesso, tanto che può essere consigliato anche ai più giovani.
Del resto i protagonisti assoluti del romanzo sono tre ragazzi, davvero unici, e per unici intendo...strani (indi meravigliosi).
Iniziamo dal protagonista, il quattordicenne Peter (omonimo dello scrittore) brillante narratore della storia, ancora un po' ammaccato da un amore finito male, per passare poi alla sorella Tilte, due anni più grande, con una passione per le grandi domande sulla vita (e soprattutto sulla morte) cui si sforza di trovare risposta con improbabili ed esilaranti esperimenti, in qualche modo scientifici (tipo chiudere i propri amici, e se stessa, in una bara per capire che sensazioni si prova da morti), per finire col fratello maggiore Hans che sembra “nato con ottocento anni di ritardo” tanto il suo animo è cavalleresco, e in fondo all'elenco il cane Basket III (immaginate che fine abbiano fatto Basket I e Basket II…).
I ragazzi oltre a essere tre fratelli (provate a dirlo in velocità trefratellitrefratellitrefratelli) sono, purtroppo anche figli  di un padre pastore e una madre organista che nell’intimità della loro casa si dilettano rispettivamente a cucinare ghiottonerie e costruire strani marchingegni per trasformare la casa in una sorta di covo segreto.
Eh..si, bei tipi niente male, così  niente male che quando... puf, spariscono nel nulla, i tre ragazzini cominciano a sospettare che ci sia qualcosa sotto…
Che i cari mamma e papà non siano in realtà due gran farabutti, truffatori e manigoldi?
E che fare se si  rischia di finire tutti in orfanotrofio, con i genitori dietro le sbarre?
Inizia così una lotta contro al tempo e in barba alla polizia per indagare sulla vera natura diabolica o angelica dei propri genitori, e mettere in salvo la benedetta famigliola.
Il romanzo al tempo stesso poetico ed esilarante, inizia con un antico proverbio indiano

Vuoi essere un guardiano di elefanti? Allora assicurati di avere posto per l’elefante.

Ed effettivamente un sapore ironico e spirituale al tempo stesso è quello che si mantiene per tutto il libro. Un’avventura, iniziata un po’ in sordina ma che prende pian piano velocità andando avanti con le pagine, e che  mentre ci diverte ci fa intanto interrogare sull’apparenza delle cose, non solo sui genitori di Peter, ma su tutto ciò che ci circonda. L’intera nostra vita  è in realtà così come ci appare o c’è dell’altro, sotto sotto, e bisogna scavare per trovare la verità?

A voi l’ardua sentenza.

1 commento:

  1. Buongiorno ragazzi e ragazze,
    premetto che io per Peter Hoeg provo una devozione che viene da molto lontano. Lessi Il senso di Smilla e, folgorato dalla personalità della protagonista ed entusiasta dei temi trattati e dello stile, divorai il resto della bibliorafia ancora fresca di stampa. I quasi adatti l'ho riletto 3 volte; 2 La donna e la scimmia; 3 i Racconti notturni. Poi il nostro danese smise di pubblicare e io di rileggerlo. Passano gli anni e mi trovo tra le mani quest'ultima opera. Inizialmente stento a riconoscere il tratto stilistico dell'autore. Il registro è completamente diverso. La vicenda rocambolesca. Sembra un racconto per ragazzi scritto da un plagiatore di Peter Hoeg. L'autore fatica a tenere in pugno la vicenda, che parte "sfilacciata", poco incisiva. Nel bel mezzo regna una sorta di confusione. Ed ecco che dai 3/4 in poi la narrazione acquista velocità, diventa dinamica, brillante. Le digressioni "filosofiche" cominciano ad avere un senso narrativo,non più gratuite come in precedenza, incastonate come perle nello scorrere dei fatti. Solo alla fine quella che chiamavo "l'atmosfera Peter Hoeg" si ricrea e mi avvolge, mi trascina nelle sue logiche, mi rende partecipe del suo prezioso immaginario.
    Per me è stato come ritrovare un vecchio amico perso di vista. Cambiato, invecchiato, forse peggiorato. Ma comunque è sempre lui e mica ti puoi disfare di un'amicizia come se fosse nulla, no?

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